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«Lui a bassa voce. furibondo ribatté: "Certo che l ho visto! Piantala,
chiacchierona...!"
«Non sapevo che fare: e proprio allora il cavallo si è fermato... Visto da vicino.
lo sconosciuto mostrava un volto spettrale la fronte in sudore. un berretto sudicio,
pantaloni lunghi. Disse con voce dolce:
«"Non sono un uomo, sono una ragazza. Sono scappata e non ne posso più.
Non mi dareste un passaggio sulla vostra carrozza, signori?"
«L abbiamo fatta subito salire. Appena seduta, è svenuta. E indovina un po di
chi si trattava? Della fidanzata del giovanotto delle Sablonnières, Frantz de Galais,
alle cui nozze eravamo stati invitati!»
«Ma non ci sono state nozze,» dissi, «dato che la ragazza è scappata!»
«Certo che no,» disse lei guardandomi tutta perplessa. «Non ci furono nozze.
Quella sciocchina s era fitta in capo mille stupidaggini che poi ci raccontò. Era figlia
di un povero tessitore e si era convinta che tanta felicità fosse impossibile; che il
fidanzato fosse troppo giovane per lei; che tutte le meraviglie che descriveva fossero
immaginarie: così quando finalmente Frantz è venuto a prenderla, Valentina ha avuto
paura. Frantz passeggiava con lei e la sorella nel giardino dell Arcivescovado a
Bourges, sebbene fosse freddo, con un gran vento. Il ragazzo, certo per gentilezza e
magari proprio perché amava la più giovane, era pieno di attenzioni per l altra sorella.
Così la mia sciocchina s è messa in testa nonsoché; ha detto che andava a casa a
prendere uno scialle; là, per essere più sicura che nessuno la ripescasse, ha indossato
abiti maschili e si è messa a piedi sulla strada di Parigi.
«Al fidanzato ha lasciato una lettera dicendogli che andava a raggiungere un
giovane di cui era innamorata. E non era mica vero...
«"Sono più felice di essermi sacrificata," mi diceva, "che se fossi sua moglie..."
«Sicuro, sciocca: ma intanto lui non aveva affatto l intenzione di sposare la
sorella; s è sparato, hanno visto il sangue nel bosco, però il suo corpo non è stato mai
trovato.»
«Che ne avete fatto di quella disgraziata?»
«Le abbiamo fatto bere un goccio, prima di tutto. Poi l abbiamo sfamata e,
arrivati a casa, s è addormentata accanto al fuoco. È restata da noi per buona parte
dell inverno. Durante la giornata, finché faceva chiaro, tagliava e cuciva abiti,
adattava cappellini, puliva la casa con una specie di frenesia. È stata lei a
riappiccicare tutta la tappezzeria, là, vedi. E da quando è stata qui le rondini fanno i
nidi fuori. Ma a sera, terminati i lavori, trovava sempre un pretesto per uscire in
giardino o in cortile o sulla porta, anche se faceva un freddo da spaccar le pietre. La
sorprendevamo lì, in piedi, tutta in lacrime.
«"E allora? Cosa c è ancora? Sentiamo!"
«"Niente, signora Moinel!"
«E rientrava. I vicini dicevano: "Ha messo la mano su una domestica ben
graziosa, signora Moinel."
«Malgrado le nostre preghiere, in marzo ha voluto continuare il viaggio verso
Parigi; le ho regalato qualche abito aggiustato. Moinel le ha pagato il biglietto per il
treno e dato un po di denaro.
«Non ci ha dimenticati; fa la sarta a Parigi, dalle parti di Notre-Dame e scrive
ancora per chiedere se sappiamo qualcosa delle Sablonnières. Per liberarla da questa
idea fissa, una volta per tutte le ho risposto che la proprietà era stata venduta, e
demolita, il giovanotto scomparso per sempre, la ragazza sposata. In fondo, credo che
sia la verità. Da allora Valentina scrive molto più di rado...»
Non era una storia di fantasmi che raccontava la zia Moinel con quella vocina
stridente fatta apposta per storie del genere. Tuttavia io mi sentivo proprio male. Il
fatto è che avevamo giurato a Frantz di aiutarlo come fratelli ed ecco che ne avevo
l occasione...
Ma era proprio quello il momento di turbare la gioia che avrei portato a
Meaulnes l indomani, rivelandogli quel che avevo saputo? A che scopo buttarlo in
una impresa davvero impossibile? Certo, avevamo l indirizzo della ragazza; ma dove
pescare lo zingaro che se ne andava in giro per il mondo?... Lasciamo i pazzi con i
pazzi, pensai. Delouche e Boujardon non avevano tutti i torti: quanto male non ci ha
fatto questo Frantz, personaggio da romanzo! Decisi di non aprire bocca finché non
avessi visto il matrimonio di Agostino Meaulnes e della signorina de Galais.
Preso questo partito, provavo però la sgradevole impressione di un cattivo
presagio  impressione assurda che mi affrettai a scacciare.
La candela era ormai consumata; una zanzara ronzava; ma la zia Moinel, china
sotto la cuffia di velluto che si toglieva solo per dormire, i gomiti sui ginocchi,
riattaccava con la sua storia... A tratti, alzava bruscamente la testa e mi guardava, per
studiare le mie impressioni o forse per vedere se dormivo. Alla fine ipocritamente
poggiai la testa sul cuscino, chiusi gli occhi e feci finta d assopirmi.
«Ma tu dormi...» disse la zia con tono più sordo e un po deluso.
Mi fece pena e protestai:
«Ma no, zia, ti assicuro...»
«Ma sì,» disse. «Del resto ti capisco, tutto questo non ti interessa. Parlo di
gente che non hai mai visto...» Fui vile e, stavolta, non risposi.
4 - Il grande annunzio
La mattina dopo, quando arrivai sulla strada principale faceva un così bel
tempo, proprio da vacanze, c era tanta quiete, con rumori tranquilli e familiari per
tutto il paese, che riacquistai l allegra sicurezza di chi porta buone notizie...
Agostino e sua madre stavano nel vecchio edificio delle scuole. Alla morte del
padre, in pensione da un bel po di tempo e arricchito da una eredità, Meaulnes aveva
voluto che comperassero la scuola dove il vecchio maestro aveva insegnato per
vent anni, dove lui stesso aveva imparato a leggere. Non era certo una casa di aspetto
molto piacevole: grossa, squadrata come un municipio (lo era stata in passato); le
finestre del pianterreno che davano sulla strada erano tanto alte che nessuno vi si
affacciava mai; e il cortile sul retro, senza un albero, sbarrato verso la campagna da
un alto porticato, era il cortile di scuola più arido e pelato che mi fosse mai capitato di
vedere...
Nel corridoio accidentato sul quale si aprivano quattro porte, trovai la madre di
Meaulnes, che rientrava dal giardino con un fagotto di biancheria, messa
evidentemente ad asciugare fin dalle prime ore di quella lunga mattina di vacanza. I
suoi capelli grigi erano scompigliati e le ricade vano a ciocche sul viso dai lineamenti
regolari sotto la cuffia d altri tempi ma gonfio e affaticato come dopo una notte di
insonnia; e teneva la testa bassa, con aria malinconica e pensierosa.
Ma non appena mi vide mi riconobbe e sorrise:
«Arrivi a tempo,» disse. «Vedi, porto dentro la biancheria messa ad asciugare
per la partenza di Agostino. Tutta notte non ho fatto altro che mettere a posto i suoi
conti e preparargli la roba. Il treno parte alle cinque ma fa remo in tempo a tutto...»
Pareva, tanta era la sua sicurezza, che avesse preso lei stessa questa decisione:
e invece non sapeva certamente neppure dove Meaulnes sarebbe andato.
«Vai, vai su,» mi disse, «lo troverai nel municipio a scrivere.»
Montai di volo la scala, aprii la porta a destra, che portava ancora la scritta
«Municipio» e mi trovai in un salone con quattro finestre, due sul paese e due sulla
campagna, e ai muri i ritratti ingialliti dei presidenti Grévy e Carnot. In fondo, su una
lunga pedana, davanti a una tavola coperta di verde, c erano ancora i seggi dei
consiglieri municipali. Seduto al centro su una vecchia poltrona, quel la del sindaco,
Meaulnes scriveva, intingendo la penna in un calamaio di maiolica a forma di cuore,
come non se ne vedono più. Qui, in questo luogo che pareva fatto su misura per un
signorotto di paese, Meaulnes si rifugiava nelle sue lunghe vacanze, quando non era
in giro per la campagna...
Mi riconobbe e si alzò ma non con lo slancio che avevo immaginato: [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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